Coworking. Colori al lavoro

Cosa serve a quella che Business Inside chiama economia hi-flex? Uscendo dalla pandemia c’è chi non è riuscito a mantenere il proprio posto di lavoro e chi invece non riesce ad adattarsi a un modello in cui la vita si passa principalmente tra casa e ufficio.
Secondo Tara Sinclair, senior fellow presso Indeed Hiring Lab – team internazionale di economisti e ricercatori le cui intuizioni guidano il dibattito sul mercato del lavoro globale – da quando le aziende sono state costrette a utilizzare le tecnologie per lo smart working il genio è uscito dalla lampada ed è probabile che ora si aggiri nei coworking. 

Condividere gli spazi moltiplicando le occasioni

Se il desiderio dei nuovi lavoratori sia davvero quello di diventare tutti nomadi digitali lo si scoprirà solo nei prossimi anni, ma quel che è certo – per ora – è che per testare questo scenario il lavoro cerca spazi economici, transitori, stimolanti e, naturalmente, flessibili.

Per permettere di dividere le spese e condividere le scrivanie e gli ambienti comuni sono nati da diversi anni i coworking, un modello che secondo il sito coworkingsources.it aumenterà, rispetto ai numeri del 2020, del 158% entro il 2024, superando quota 40.000 luoghi di lavoro a livello globale, mentre in Italia la piattaforma Italian Coworking conta oggi 700 spazi di condivisione.

A qualcuno piace confrontare questi spazi, progettati utilizzando regole precise di ergonomia e design, con la bottega rinascimentale perché ha la potenzialità, almeno sulla carta, di convogliare la reciproca creatività imprenditoriale.

boero coworking spaces

Il colore come materia prima

Se si parla di ambienti di lavoro e creatività, il colore non può che essere una materia prima indispensabile, sia per il suo effetto positivo sul benessere sia per il suo impatto sulle idee.

La scelta dei coworking non è però sempre legata ai suggerimenti della cromoterapia – quel trattamento in cui vengono utilizzati i colori come strumento per attenuare disturbi psicologici e fisici –  ma si sposa spesso a una strategia di branding, che parte dal messaggio valoriale che si vuole lanciare alla comunità individuata o che si vuole creare proprio grazie alla frequentazione degli spazi.
Così il verde è presente in particolare nei progetti dedicati alla sostenibilità ambientale, quando l’effetto green non è delegato direttamente alle piante da interni.

Il rosso non è mai utilizzato per dipingere un’intera parete, visto il suo potere di creare allerta, ma è spesso inserito nel logo che campeggia come caratteristica di riconoscibilità e identità condivisa sulle pareti bianche, trasformandosi in emblema di iniziativa e vitalità. Nei coworking riservati alle donne (sempre più diffusi) difficilmente le pareti si tingono di rosa, preferendo colori alternativi e raffinati come il grigio, il colore scelto ad esempio da The Nest, il Female Coworking Space in Florida che possiede ambienti ricercati e un vero e proprio club. Alle tinte scure si alternano brillanti e preziosi azzurri, come in una dimora esclusiva.

Il giallo, colore adatto a stimolare attenzione e apprendimento, è una tonalità utilizzata con grande equilibrio in SecondHome, spazio di condivisione di lavoro considerato tra i più green d’Europa, progettato dallo studio di architettura spagnolo SelgasCano attraverso il recupero del più antico mercato alimentare di Lisbona.

Nei coworking metropolitani vengono spesso utilizzati colori neutri, sobri e rilassanti lasciando agli arredi il ruolo di giocare con le tinte più accese. In alcuni viene data molta importanza ai moderni strumenti di ergonomia, come quelli legati all’insonorizzazione o a sedute studiate per il benessere scheletrico, ma sempre di più, soprattutto all’estero, si guarda a questi luoghi di networking come a residenze più simili a resort di lusso o a club esclusivi, perché la piacevolezza degli ambienti facilita le relazioni.

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La specializzazione degli spazi

C’è però chi per lavorare ama ambienti più spartani e meno ricercati, in cui l’offerta sia in termini di convenienza e praticità. Il gusto estetico non è per tutti uguale, così come le attrezzature o le occasioni che si vogliono trovare: ingegneri, creativi digitali o artisti hanno esigenze diverse e per questo si sta assistendo a una specializzazione degli spazi, con conseguente differenza nella scelte progettuali.
Tra i vantaggi del lavoro flessibile c’è quindi quello di poter scegliere l’atmosfera del proprio posto di lavoro e volendo cambiare scenografia senza sentirsi legati a un solo ambiente.

Stanno nascendo anche i coworking nei Borghi come quelli della rete Wise, dedicata a chi sceglie di allontanarsi dalla città: qui la ristrutturazione può giocare con ambienti interni ed esterni di particolare fascino, come muri di pietra e finestre aperte sul verde dei paesaggi. Nel PNRR sono previsti anche fondi per progetti di prossimità e in questo senso i coworking di quartiere possono essere utili a portare vita anche in luoghi più periferici o a permettere di non prendere ogni giorno la macchina. 

Il coworking diventa quindi sempre più una casa comune, che come ogni habitat ha bisogno di cura nei dettagli per diventare confortevole.